di C.Ramponi, A.Zangrandi,  R.Zanini

Molti articoli, nell’ultimo periodo, hanno evidenziato la necessità di riorganizzare la medicina territoriale per renderla maggiormente capace di intercettare i bisogni in modo efficace.

Gli ultimi mesi hanno messo sotto stress l’intero sistema sanitario rendendo palesi gli aspetti organizzativi più fragili di ciascuna Regione.

Sicuramente le Regioni hanno una significativa responsabilità, dal momento che prestazioni e servizi erogati sono molto differenti fra una e l’altra. Solitamente nel nostro Paese una riforma parte da una legge, per esempio dal cambiamento di un contratto, quindi dalla loro applicazione nella realtà (ancora oggi spesso si dice: siamo impegnati ad applicare la legge…).  Il cambiamento – quello ipotizzato dalle modifiche normative o contrattuali – non sempre si concretizza e produce i risultati desiderati (e spesso proclamati prima di ogni realizzazione).

Certo, in molti casi i cambiamenti normativi e contrattuali sono presupposto indispensabile, ma il cambiamento vero, per realizzarsi e concretizzarsi, deve trovare fondamento in una capacità “forte e determinata” di modificare i comportamenti organizzativi.

La questione è davvero semplice: i risultati, quelli che realmente hanno impatto sul reale, sono il frutto dei comportamenti di coloro che quotidianamente devono applicare il nuovo disegno legislativo, il nuovo contratto; e la modifica di questi comportamenti è condizione essenziale per il conseguimento dei risultati.

La necessità di cambiamento è determinata non solo dalla necessità di migliorare il livello dei risultati raggiunti, in favore dell’utenza, ma anche dalla esigenza della maggioranza dei professionisti di essere parte attiva del ciclo continuo di miglioramento dell‘attività.

Se da un lato norme e contratti possono dare un forte contributo in questa direzione, non si può dimenticare – come spesso è accaduto soprattutto nella sanità pubblica – come capacità organizzative espresse localmente in fase di applicazione siano indispensabili per ottenere i risultati. La logica che vogliamo proporre per il cambiamento della medicina territoriale si articola nei seguenti punti:

  1. I vari modelli sperimentati nelle Regioni non hanno portato sempre alla risposta attesa e a un efficace soddisfacimento dei bisogni di continuità delle cure; ciò ha generato – anche nell’attuale situazione di stress – la debolezza di offerta del livello territoriale e conseguentemente anche quello della continuità delle cure.
  2. La ricerca di cambiamento non deve esaurirsi in una ricerca di nuovi modelli astratti, ma porre il massimo impegno per definire le condizioni organizzative concrete e praticabili che permettano agli attuali modelli di generare i risultati desiderati.
  3. L’idea di “applicare la norma” deve essere sostituita dalla necessità di “generare processi” che permettano il raggiungimento dei risultati.

 


Quale il contributo per generare processi di cambiamento?

  1. Promuovere capacità di progettazione organizzativa. Occorre che, a livello di ciascuna realtà, coloro che hanno responsabilità gestionali a tutti i livelli condividano una fattiva e operativa progettazione dei ruoli organizzativi, delle modalità di azione, dei criteri di valutazione. La progettazione organizzativa non è applicazione di una legge o di un contratto (burocrazia comunque necessaria per l’azione coordinata), ma capacità di trovare soluzioni che permettano di sviluppare attività efficaci e individuino obiettivi adeguati per i professionisti. E’ un’attività sul campo, per affrontare i problemi concreti, certamente entro perimetri definiti da norme e contratti, ma con una grande flessibilità per “conseguire risultati”. Questo significa quindi:
    1. Muoversi per obiettivi e non per compiti.
    2. Promuovere capacità di valutazione dei problemi specifici da affrontare, ovvero
      1. identificare elementi ostacolanti
      2. identificare elementi favorenti

e favorire azioni coinvolgenti capaci di considerare il punto di vista di tutti, ma avendo come obiettivo la continuità delle cure e i pazienti.

  1. Promuovere criteri di selezione basati sui risultati (criteri e strumenti per riconoscere una leadership e sostenerla nel tempo). Le organizzazioni, proprio perché camminano sulle gambe delle persone, devono valorizzare tutte le competenze specialistiche e professionali e sostenere chi è in grado di dare un contributo fattivo ai processi organizzativi. Spesso nelle nostre realtà accade il contrario: chi ha leadership magari è travolto dalla burocrazia. I sistemi premianti non sono solo economici, ma di ruolo, di riconoscimento professionale. “La pacca sulla spalla” spesso funziona di più che un premio economico (vedi esperienza della retribuzione dei risultati negli ospedali).
  2. Generare strumenti di coordinamento e integrazione tra professionisti, unità organizzativa e azienda non burocratici, ma orientati agli obiettivi. Scrivere PDTA non è un modo per togliere la responsabilità, ma innanzi tutto un modo per generare coordinamento tra professionisti in ottica di cura integrale del paziente. Verificare il grado di compliance con i PDTA non è burocrazia, ma un modo di operare a beneficio del paziente e dei suoi bisogni.

Tutto questo richiede lavoro operativo e persone che utilizzino il loro tempo per promuovere il coordinamento: richiede una organizzazione capace di flessibilità e di intelligenza organizzativa e non rattoppi alla burocrazia!

  1. Promuovere una diffusa capacità di valutazione dei risultati
    1. Il feedback sia tempestivo e costante;
    2. La condivisione dei risultati con equipe sia la conferma della trasparenza.

Senza valutazione non si migliora e forse un tema della medicina territoriale su cui operare è proprio quello della valutazione dei risultati. Certo, i risultati devono essere valutati non per la remunerazione innanzi tutto (e forse anche mai), ma per permettere di riflettere su come l’organizzazione realizza i risultati in base alla loro efficacia. Se l’organizzazione non viene valutata, il miglioramento è causale e il peggioramento molto probabile.

  1. Offrire supporto alla sperimentazione

Il metodo della sperimentazione anche in campo organizzativo è fondamentale e non deve essere dimenticato: si ipotizza un modo di operare, si valutano i risultati, si estendono i processi organizzativi in altri contesti e con le dovute cautele solo alla presenza di risultati positivi.

In sintesi: focalizziamoci sulla progettazione organizzativa in ogni realtà, misuriamo i risultati. Due però appaiono le condizioni necessarie per realizzare questo percorso virtuoso:

  • Allentare la morsa della burocrazia, consentendo maggiore apertura alla sperimentazione e alla valutazione. Resta una forte necessità di revisione di normative e contratti, non per elaborare nuovi modelli, ma per allentare i vincoli della burocrazia. In altre parole, è necessario incentivare l’orientamento gestionale agli obiettivi a scapito dell’orientamento per compiti, oggi purtroppo ancora prevalente.
  • Scegliere gli uomini e le donne sicuramente in base alle competenze, ma anche in base alla capacità di motivare, di fare squadra, di essere appunto agenti di cambiamento.

Carlo Ramponi, MD già responsabile europeo di Joint Commission International
Rinaldo Zanini, MD, Componente del neonatologo Comitato percorso nascita nazionale
Antonello Zangrandi Professore ordinario presso l’Università di Parma

Qualcuno potrebbe chiedersi: perché insieme provenendo da mondi così diversi? Il cambiamento è legato alla passione di orientare le organizzazioni all’efficacia: questo ci accomuna